martedì 28 aprile 2009

Pioggia

Non so da voi, ma qui sembra che qualcuno abbia dimenticato i rubinetti aperti.
In quanto persona riflessiva, su di me il tempo piovoso esercita un certo fascino. Non lo nego. E' un fascino che apprezzerei maggiormente se disponessi di una villetta in stile vittoriano, con il camino acceso, una vestaglia ricamata a draghi d'oro, pantofole in pelo di renna intrecciato, quattro o cinque milioni di euro chiusi in una banca svizzera e, contestualmente, un cazzo da fare dalla mattina alla sera. Allora mi dedicherei alle mie passioni segrete: allevamento di terrier e bassett-hound, collezioni di tabacchi da pipa della Virginia NordOccidentale, munifiche opere di carità per i reduci delle guerre nel Terzo Mondo. Starei alla finestra con una tazza di te pregiato, a declamare odi: Oh, lacrimose stille seminate/ voi nubi guardinghe/ pallidi fieri soldati ammassati/nel ventre grigiume dell'aere/ s'è sciolto infine lo dolore vostro!
Che bellezza! Sarei proprio contento.
La realtà dei fatti è diversa. La verità è che due settimane di pioggia, da queste parti, sono quanto basta per trovare blocchi stradali dei vigili in prossimità di ogni rigagnolo, avere le scarpe sempre bagnate, scoprire di non possedere nemmeno un ombrello quando prima ne avevi sempre uno in mezzo ai piedi. Un inferno liquido. E qualche amenità accessoria come l'interno della macchina che puzza costantemente di cane bagnato (senza peraltro possedere né un terrier né un bassett-hound).
Finirà. La pioggia finisce. Arriva sempre il momento in cui le nubi si squarciano e l'azzurro esplode. Me lo ripeto da quando mi sono diplomato.

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